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venerdì 28 settembre 2012

Letture parallele e contrapposte dell'ultimo disco di Bob Dylan


                Come leggere la tempesta?


Con l'ultimo album, è affondato solo il Titanic o anche Bob Dylan? In modo opposto rispondono Giulia Galeotti e Giuseppe Fiorentino.
Secondo Galeotti, "è come addentare una torta farcita di ottima pasticceria. Il primo morso promette già, senza però rivelare tutto: lentamente l'immersione nella fetta richiama le note dei diversi sapori, le sfumature degli ingredienti, gli amalgami della cottura. Lo stesso vale per gran parte dei lavori di Bob Dylan. Avvicinandoci a Tempest, il desiderio è di scavare sotto il manto di ciò che appare. E ancora una volta setacciando i brani, l'inconfondibile voce spalmata si insinua sorniona, materializzando davanti al nostro orecchio scene, inquadrature ed emozioni terribilmente reali. E se il desiderio è appagato, è solo perché dall'altra parte c'è un artista settantunenne capace ancora di dire qualcosa di nuovo palleggiando con il vecchio. Dallo swing, nuovo e antico insieme, che apre l'album in poi, è un viaggio tra racconto e strumenti (superbo il banjo di Scarlett Town), di un Dylan storico (nel senso che indossa i panni dello storico) dei fatti e delle emozioni. L'orizzonte non promette molto, ma l'incedere è mai solo disperazione, è il refrain sotto testo. La ballata folk di quasi 14 minuti sulla sad, sad story della grande nave inghiottita da mari sharp and clear, è un attimo, ed è infinita (la sorella piccola dell'epica storia del pugile condannato ingiustamente). Il Titanic è affondato. Bob Dylan assolutamente no".
"Se non è ancora affondato come il Titanic - risponde Fiorentino - Dylan riesce appena a rimanere a galla, senza peraltro evitare i rischi di una navigazione a vista. E come potrebbe essere diverso quando una canzone, quella appunto ispirata dal naufragio, ripete la stessa immutabile progressione di note per quasi quattordici minuti? Se, accompagnati da questa ballata, ci si volesse sostituire a Kate Winslet nella celeberrima e stucchevole scena del film di Cameron, si rischierebbe di precipitare in mare, storditi dall'ossessivo e inesorabile rollio del brano. Ma Dylan gode di un credito smisurato da parte di critica ed estimatori, e c'è da scommettere che, anche questa volta, il disco diventerà oggetto di culto. A onor del vero c'è da sottolineare come, a differenza di altri autori della sua generazione, Dylan si sforzi ancora di produrre cose nuove. Però la sua voce intensa, matura e drammatica avrebbe potuto essere messa al servizio di contenuti musicali più ricchi. Che succede quando splendide parole non vengono sostenute da una base musicale altrettanto efficace? Nella peggiore delle ipotesi, si rischia di essere considerati noiosi. Se va meglio, si viene annoverati, come accade al signor Zimmerman, tra i grandi poeti del secolo e inseriti ogni anno nella lista dei candidati al Nobel per la letteratura. Che con la musica ha ben poco a che vedere".


(©L'Osservatore Romano 28 settembre 2012)

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