Il terribile equivoco di Frankenstein
Una via di mezzo tra il Prometeo ovidiano, capace di plasmare gli esseri umani dalla creta, l'omonimo eroe tragico di Eschilo e il sogno di Aldini, il nipote dello scienziato Luigi Galvani; è questa la chiave di lettura scelta da Danny Boyle - regista di Trainspotting, The Beach, 28 giorni dopo, Sunshine, The Millionaire, 127 Hours - per portare a teatro Frankenstein. Lo spettacolo prodotto dal National Theatre di Londra è visibile anche in Italia grazie a un denso calendario di proiezioni in lingua originale sottotitolate in inglese (a Roma il 24 e 25 settembre e il 3 ottobre; le altre date sono indicate nel portale www.nexodigital.it).
Nell'opera teatrale diretta da Danny Boyle i due attori principali si alternano ogni sera nei panni del dottor Frankenstein e della sua creatura; un'idea allo stesso tempo semplice e geniale perché non fornisce soltanto il pretesto per una dimostrazione di virtuosismo interpretativo ma in quanto contribuisce a focalizzare fin da subito l'attenzione sulla specularità dei due personaggi, e la conseguente incapacità di stabilire con certezza chi sia la vittima e chi il carnefice.
Un'idea, quella della confusione dei ruoli, già presente nella prima e ormai arcaica versione cinematografica, il cortometraggio di dieci minuti di James Searle Dawley (1910), del romanzo di Mary Shelley che metteva in guardia l'umanità dal pericolo dello strapotere della tecnica. Figlia di William Godwin (uno dei pionieri del pensiero anarchico) e di Mary Wollstonecraft (che nel 1792 aveva firmato la Rivendicazione dei diritti della donna, in cui individuava l'educazione come via per giungere all'emancipazione femminile), Mary Shelley iniziò a scrivere il suo romanzo giovanissima, ad appena 19 anni. Si trovava in vacanza a Bellerive, vicino Ginevra, con il marito, il grande poeta inglese Percy Bysshe Shelley, la sorellastra Claire Clairmont e il loro comune amico Lord Byron. La vera compagna di quelle settimane fu la pioggia e così il gruppetto, costretto in casa, discuteva e si confrontava senza sosta. Fu parlando di scrittura, fantasmi e letteratura tedesca che Mary abbozzò la prima idea di quello che sarebbe dovuto essere inizialmente solo un racconto breve, ma che diverrà poi il primo vero romanzo di fantascienza della modernità. Un romanzo che ha ispirato una vera e propria saga cinematografica, fino alla parodia del celebre Frankenstein junior (1974) di Mel Brooks.
(©L'Osservatore Romano 27 settembre 2012)
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