Davanti al regista più grande
di GIAMPAOLO MATTEI
È stato spudoratamente se stesso, nel bene e nel male, in un'epoca in cui si cerca di apparire e basta, prima ancora di essere. Lucio Dalla - scomparso improvvisamente in Svizzera nella mattina di giovedì 1° marzo, all'età di 69 anni - fa parte di una generazione di artisti che sembra non lasciare eredi. Non sono in molti ad avere la stessa voglia di cercare la verità, magari anche sbagliando strada. Ma cercarla distillando la proprie zone segrete per condividerle con la gente.Non lo conoscevo così bene da poter tracciare un suo profilo. Sicuramente in queste ore quanti gli sono stati vicini, e con lui hanno collaborato, possono contribuire, in modo più preciso, a ricordarlo come merita. Nel mio piccolo posso però condividere qualche ricordo.
Di Dalla porto sempre con me due lampi spirituali. Il primo ha come cornice il sagrato di una chiesa di Bologna. Ci conoscevamo, ma non così bene. Un rapporto iniziato con un'intervista sulle ragioni della fede e poi proseguito proprio perché il tema di quel colloquio non si esaurisce certo con una manciata di domande. Insomma, siamo nel centro di Bologna: mi afferra il braccio, resta un attimo in silenzio, come fosse sospeso in attesa che qualcosa arrivasse da chissà dove, e poi se ne esce con quel "Dio è il più grande regista di tutti i tempi, è insuperabile perché ha ispirato i Salmi, cioè un nuovo modo di comunicare la religiosità che affascina anche chi non crede". Sorpreso, gli chiedo la ragione del suo interesse per i Salmi. La sua risposta rivela che non si tratta della passione di un momento; c'è un lavorìo interiore: "Sono i primi video-clip della storia, sono sceneggiature, come sempre il Signore è avanti".
Così mi è sembrato naturale che, per la casa editrice salesiana Ldc, Dalla abbia messo in musica proprio i Salmi. Ci teneva a dire, lo ricordo bene, che si era accostato a quel lavoro "in maniera laica senza dimenticare di essere credente". Prevenendo l'inevitabile richiesta di chiarimenti, con quel suo fare sempre un po' clownesco, ma con un fondo di fine sensibilità e di spessore umano, mi dice che per lui "sotto ogni forma d'arte c'è Dio e l'arte stessa è un dono divino che unisce la gente e la fa vibrare".
L'incontro davanti alla chiesa bolognese sta per terminare. Dalla ha fretta, lo sta aspettando un impegno di lavoro ed è già in ritardo. Butto là una domanda, solo per strappargli ancora qualche idea: ma i Salmi oggi servono ancora o sono datati? Domanda non da premio giornalistico, ma almeno ha il merito di interessarlo. Ci siamo già dati la mano per congedarci ma si blocca. Guarda l'orologio. Ha fretta ma vince per un istante la voglia di parlare di spiritualità: "Dio non lascia mai indifferenti. I Salmi ti cambiano, non sei più come prima di averli letti. Noi musicisti siamo antenne in una società che sta divenendo sempre più immagine e sempre meno parola. Assistiamo, impotenti, allo svilimento della parola. I Salmi non corrono questo rischio perché sono parola e immagini, un mix che è energia. Dinamite pura".
Secondo lampo. Sempre a Bologna, settembre 1997. Mancano pochi minuti all'esibizione davanti a Giovanni Paolo II, nell'ambito del Congresso eucaristico italiano. Ci sono artisti di prim'ordine, Bob Dylan sopra tutti. Non è un novellino, eppure Dalla è emozionato. Lo si vede. Lo riconosce. "Il Papa è il Papa, non è mica uno scherzo". Ha ragione. Afferro l'occasione per parlare ancora insieme di Dio. E in quel contesto Dalla tira fuori una professione di fede chiara e disarmante: "Sono credente. Credo in tutto ciò in cui si può credere, in Dio come nell'arte, nel mare, nella vita. Credo in Dio perché è il mio Dio. Lo riconosco negli uomini, nei poveri soprattutto, in tutti coloro che hanno bisogno di aiuto. Mi ha sempre colpito la decisione di Cristo di nascere povero. Lui, povero, è il futuro. La fede cristiana è il mio unico punto fermo, è l'unica certezza che ho". Ricordo il suo sguardo e poi un gesto che rivela il suo essere grande uomo di palcoscenico: sicuro di avermi scosso mi fa un inchino, come a dirmi "ecco, era questo lampo di verità che volevi da me, no?".
Credo di non andare troppo lontano dal vero indicando nella figura di Gesù il suo interesse più alto. Ogni volta che l'ho incontrato, era il nome che più ripeteva: "Gesù capiva la gente, i suoi amici erano pescatori, prostitute, persone semplici e povere". Come i personaggi delle tue canzoni, azzardai una volta. Nella sua risposta, sono certo, c'era anche un autoritratto in chiaroscuro: "Non siamo fatti tutti di sacro e profano? Non capita di guardare il cielo e di avere i piedi nel fango? Ma Gesù è un'altra cosa. Mi ha sempre emozionato il fatto che la persona guarita da Lui stava bene non perché finalmente poteva camminare o vedere ma perché, finalmente, aveva trovato qualcuno che si era identificato con lei, l'aveva capito fino in fondo". La fede, che ho in comune con Dalla, mi porta a credere che la sua speranza oggi sia già certezza.
(©L'Osservatore Romano 2 marzo 2012)
Non lo conoscevo così bene da poter tracciare un suo profilo.
Sicuramente in queste ore quanti gli sono stati vicini, e con lui hanno
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